Marcello Azuffi, cenni biografici

![]() Rifacimento Santella Gromo |
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![]() Santi Patroni |
![]() Studio di figura |
![]() Madonna dei colombi |
![]() Passaggio di svelatura affresco |
![]() Resurrezione cimitero Azzone |
Marcello Arzuffi nasce nel 1960 già a contatto con l'arte poiché nipote di Pasquale e figlio di Luigi, di quegli Arzuffi che un'impronta indelebile hanno lasciato nella pittura sacra e di cavalletto del secolo scorso.
Fin da giovane è naturale allievo di Luigi che ne intravede il talento, lo sprona a coltivare la passione per quest’arte e lo aiuta ad esprimere la propria sensibilità sulla tela. Passione che esplode in tutta la sua vitalità dopo la scomparsa del padre come se fosse il modo, ancora oggi, per sentirlo più vicino.
La pittura di Marcello ha ricalcato in origine le orme di Luigi cercando col tempo di trovare un proprio percorso artistico, che lo vede oggi più vicino ad un impressionismo moderno ma pur sempre legato alla tradizione, fatto di pennellate vigorose e colori da cui ottiene effetti di luce e atmosfere di notevole intensità.
Dipinge soggetti ed ambienti di paesi lontani che tanto lo hanno affascinato durante i suoi viaggi, mentre nei ritratti, suo distinguo, non ricerca solo la semplice somiglianza somatica, quanto, con sensibilità, scruta e coglie l’animo profondo del soggetto.
I primi successi di critica e pubblico incontrano Marcello Arzuffi nel 2001, con la prima personale presso la Comunità Montana di Vilminore di Scalve. Dedica i due anni successivi alla Valle scalvina con la creazione della pala d’altare raffigurante la Resurrezione di Cristo per il cimitero di Azzone, la “Contesa del Monte Negrino” importante tela realizzata per la sala del Comune di Azzone, e i “Santi Patroni” raffiguranti Maria Maddalena, San Rocco, San Filippo e San Giacomo –patroni di Dezzo, Azzone e Dosso di Scalve- in adorazione di Maria col Bambino, per il parroco di Azzone.
Negli stessi anni a Gandellino realizza un baccanale, ed a Gromo si occupa del rifacimento di una Santella privata raffigurante la Madonna col Bambino.
Nel 2003 espone a Canazei in Trentino.
Nell’ottobre 2005, 10° anniversario dalla scomparsa del padre, dedica a lui la sua prima personale in Bergamo presso il centro S.Bartolomeo, riscuotendo consensi e plausi.
Inizia un lungo periodo di produzione di opere su commissione che, tuttavia, non gli impedisce di aderire alla mostra collettiva del “piccolo quadro” la quale si tiene ogni anno a Campomorone Genova, nel 2005, 2006, 2007, e di occuparsi personalmente della copertina del libro “Keynes and the Cambridge Keynesians” di Luigi Pasinetti, per la Cambridge University raffigurante la caricatura a matita del dott. Sraffa.
Una seconda copertina è in via di lavorazione.
Seguono una “Musa propiziatrice” per una villa d’epoca di un privato bergamasco, il ritratto di famiglia dei Signori Galbiati, numerose opere di cavalletto di non meno importanza, ed un’imponente pala d’altare per la navata laterale della Parrocchia del Dezzo di Scalve, raffigurante la Sacra Famiglia.
Opera, questa, che rappresenta la massima espressione Dell’essere dell’artista, il suo profondo rapporto con la fede, ed il saldo principio della famiglia alla base dell’esistenza umana.
Ad aprile 2008, si tiene la sua prima personale a Campomorone, nei mesi successivi realizza il ritratto della famiglia Zilio.
Ha partecipato a diversi concorsi ed estemporanee mentre i suoi lavori figurano in collezioni private in Italia ed all’estero.
RECENSIONI:
Arzuffi al Centro San Bartolomeo
“Figlio d’arte”, come s’usa affermare di chi cresce in un ambiente familiare dove l’arte è realizzata con serietà e professionalità, è Marcello Arzuffi, figlio di Luigi e nipote di Pasquale, due artisti che hanno lasciato indelebile il ricordo nella storia dell’arte pittorica della nostra terra bergamasca. E’ “figlio d’arte” che ben ha appreso le “lezioni” del padre e del nonno, e ben lo manifesta con la personale che presenta in questi giorni presso il Centro San Bartolomeo.
Quanto Marcello Arzuffi propone all’attenzione degli osservatori è il meglio della sua creatività, della sua intraprendenza, della sua naturale inclinazione al disegno e alla pittura. Logico, possiamo dire, qualche riferimento alle espressioni specie cromatiche, del padre Luigi, ma tutto ciò non è una remora alle immagini visive che egli realizza con spiccata personalità allo scopo di “crearsi” un suo preciso “modo di dire”. E vi riesce con un “linguaggio” legato alla tradizione figurativa del passato ma pure con accenti rivolti ad uno stilema impressionistico che in tal modo lo caratterizza e lo qualifica.
Suggestivi questi paesaggi di Marcello Arzuffi, ispirati ad ambienti nostri oppure esotici, avvolti in atmosfere diversificate e quindi studiate con scrupolosa attenzione. Delicate e “corpose” nello stesso tempo le “nature morte”, costruite con un impianto strutturale che non ammette né errori né titubanze perché ben equilibrate nei toni ed armoniose nell’insieme. Ammirevoli le figure e i ritratti, particolarmente riuscito l’autoritratto, e gli atteggiamenti che sanno di profonda spiritualità quelli riferiti a Papa Giovanni Paolo II, ma non da meno ricche di fascino le figure di donne orientali ed africane.
Nell’intero contesto dell’esame di queste opere balza all’evidenza la preziosità sia estetica che contenutistica di Marcello Arzuffi, al quale va pure l’elogio di saper usare un cromatismo che esalta la luce e che propone visioni di serenità e di quiete, di gioia e di bellezza, senza mai voler strafare ma bensì con l’intento di donare all’arte pittorica il suo contributo in modo elegante. Da vero e bravo artista.
Lino Lazzari
L’Eco di Bergamo.it
12 ottobre 2005, in occasione della Personale al San Bartolomeo
Grande pubblico alla personale al San Bartolomeo
IL VIAGGIO DI ARZUFFI
Marcello Arzuffi, nella recente mostra organizzata al Centro Culturale San Bartolomeo, ha incontrato notevole successo sia per il valore intrinseco delle sue opere, sia per quello estrinseco. Nasce nel 1960 in un ambiente intriso d’arte: il padre Luigi e il nonno Pasquale hanno segnato tratti indelebili nella pittura bergamasca sacra e profana del secolo scorso. Posizione la sua quindi certamente privilegiata. Almeno all’inizio egli segue con un certo sentimento filiale le orme del padre. Successivamente si stacca sia dagli insegnamenti accademici, così come da evidenti tributi verso le proposte di altri artisti. Inizia allora il corso della personale espressione pittorica che oggi possiamo valutare su due chiari versanti. Il primo è rappresentato dagli stimoli raccolti nel corso dei suoi viaggi nei paesi africani, continuando quel cammino che nel Novecento aveva arricchito la produzione pittorica di Luigi Brignoli, Ernesto Quarti Marchiò, Giorgio Oprandi e Romualdo Locatelli. Marcello Arzuffi coglie con estrema abilità gli elementi fondamentali che rendono quelle zone assai care al modo di sentire di un pittore. Così nelle sue opere sa fissare le varianti nella luminosità che accompagna, attimo dopo attimo, il trascorrere dei giorni, mentre riesce a mettere su tela i panorami che si perdono all’infinito, trascinati da una natura senza contorni, riscaldata da un limpido sole. Ma non solo questo. Gli accostamenti cromatici che percorrono le sue opere tengono conto anche dei forti contrasti di colori assemblati con gusto che spesso accompagna la mancanza di mezzi economici. Ed è la dignità con la quale gli abitanti di quelle terre sanno affrontare le povertà economiche e culturali, quello che esalta la ricerca e i lavori di Marcello Arzuffi. Accompagnano queste tele, una serie di paesaggi e di ritratti che riagganciano l’artista, anche dal punto di vista cromatico, ai suoi luoghi, alla sua terra che egli guarda con sguardo attento, benevolo, mettendo in evidenza un espressionismo moderno che riesce ad esprimere valori e sentimenti che fanno parte del suo bagaglio filosofico.
Gianni Baracchetti
Il Giornale, in occasione della Personale al San Bartolomeo